Coffe Corner – Se 100.000 vi sembran pochi..

The Hand of the Monkey/ Dicembre 25, 2019/ amicideimonkeys, interviste, viaggi/ 0 comments

Rubiamo dal profilo Facebook di Fabio Cofferati, un amante della vespa che… vabbè, perchè perdere tempo in presentazioni, lo conoscete tutti!

Ho letto sul profilo Facebook di Fabio Cofferati questo interessante post in cui leggiamo un colloquio-intervista a Ilario Lavarra privo dei soliti banali quesiti in cui, ahinoi, anche in questo sito spesso cadiamo. Riflettendo sul fatto che i post di Facebook, per com’è fatto, vengono velocemente sommersi da centinaia di altri post e si perdono inesorabilmente, abbiamo pensato di fare una cosa buona fissandolo sul nostro sito.

– “Coffe, per questo, questo e quest’altro motivo, possiamo copiaincollare il tuo post su Ilario?”
– “Mah.. mih.. mmh.. fregauncazzo”.

L’abbiamo preso per un sì.

Già che ci siamo, vi ricordo che Fabio partirà a maggio, in vespa sulle orme di Roberto Patrignani, alla volta del Giappone, per raggiungere Tokio in occasione dei giochi olimpici. Ma avremo modo di riparlarne.

Tra i globetrotter in Vespa, un posto di riguardo lo merita sicuramente il 37enne milanese Ilario Lavarra. Vespista fin dalla giovane età, dopo aver capito che prima Italia e poi Europa gli andavano strette, decide di partire per le Americhe nel Maggio 2010. Con una Vespa Sprint Veloce 150 del 1970; senza sponsor, ma potendo contare sui risparmi di quattro anni di lavoro, porta a termine il viaggio dei suoi sogni in 18 mesi. Al ritorno dà alle stampe il libro “21 Americhe”, che ha un buon riscontro sul pubblico; seguito da “Attravespando le 21 Americhe”, quasi un album fotografico che fa da interfaccia al racconto. Dopo alcuni anni trascorsi in Italia, il desiderio di ripartire è sempre più irrefrenabile. Qual’è il miglior modo di resistere alle tentazioni? Cedervi, naturalmente! Pianifica un viaggio “Cape-to-Cape” ovvero Capo Nord (Norvegia)-Capo di Buona Speranza (Sud Africa). Ma poi, a detta sua…la matita ha proseguito a disegnare la sua linea sul globo, fino a ricongiungersi al punto di partenza. Le Grand Tour era appena nato. Il giro del mondo in solitaria, sempre senza sponsor, contando sull’autosostentamento. La protagonista questa volta è una Vespa 125 GranTurismo del 1968. Il 16 Settembre 2017 Ilario è partito dall’ Arco della Pace di Milano puntando a Nord. L’Europa è quasi una formalità, ma una volta varcato lo stretto di Gibilterra l’avventura entra nel vivo. E’ il primo a completare il periplo africano in sella a uno scooter (Bettinelli purtroppo ha dovuto spezzare il viaggio in due a causa di un sequestro in Congo). L’avventura è proseguita con l’ingresso in Asia, dove ha appena tagliato il considerevole traguardo dei 100.000 km percorsi.
Lo abbiamo raggiunto per raccogliere le sue impressioni dopo oltre due anni e tre mesi di viaggio.


-Ciao Ilario, in questi giorni dove ti trovi? Com’è il tuo umore?

Attualmente mi trovo in mezzo all’altipiano iraniano, in una bella citta’ in cui si respira ancora il fascino dell’antica Persia, a Shiraz precisamente.
Il mio umore vola alto, come non puo’ essere altrimenti. Non ho abbastanza tempo libero per appesantirmi con malinconie, ma troppe ore in cui sono impegnato a respirare la bellezza di questo mondo. Certo, non e’ sempre facile, ma per ora direi che ho ancora tanta buona benzina, pardon, miscela emotiva con cui macinare tanti chilometri e volare alto.


-I sogni e le speranze che avevi nei giorni della partenza sono ancora quelli oppure sono cambiati?

Tutto si evolve in un viaggio. Perche cambiano i nostri punti di vista, quello che siamo, e di conseguenza anche i nostri sogni e le nostre speranze… per quanto non ne caricassi di grandi. Il trucco e’ viaggiare leggeri! Quindi sono partito senza troppe aspettative. Sono partito con quello che sono. Semplicemente un Ilario che vuole vedere il mondo, lo vuole scoprire e non farsi ingannare da quello che gli dicono politicanti o televisione.
E poi, senza grosse aspettative, non ci sono grosse delusioni, no? Quindi vivo alla giornata, seguendo i venti della mia curiosita’ e con il fervente desiderio di scoprire ogni angolino di vita, culture e colori. Tanto mi basta.
Sogni e speranze sono una lama a doppio taglio che preferisco non portarmi dietro.


-Hai vissuto momenti di scoramento, momenti in cui avresti voluto essere a casa invece che in balìa degli eventi? Qual è stato il momento più difficile del viaggio, finora?

Momenti di scoramento ce ne sono stati eccome! Perché non e’ sempre facile attraversare frontiere o ottenere i visti. E anche perché viaggiare su una Vespa, o comunque su un mezzo proprio, vuol dire guadagnarsi ogni singolo metro, tra deserti, venti freddi, o caldo asfissiante. Tante volte ho pensato che se me ne fossi stato a casa, avrei in qualche modo sofferto di meno. Ma avrei anche vissuto di meno, goduto di meno, scoperto di meno, gioito di meno. Ecco perche nei momenti di sconforto continuo ad andare avanti, perché al netto di tutto, il mio viaggio mi sta donando molto di più rispetto alle zone di confort di cui mi ha privato.
Momenti difficili? Quando in Africa ho avuto la malaria o le due volte che ho avuto la febbre tifoide piegato nella tenda o in una capanna. O i 100km di acquitrino tra Gabon e Congo in cui completamente solo ho dovuto spingere la Vespa in mezzo alla savana per tre giorni, inzaccherato di fango e circondato da animali non proprio domestici. O quando sono caduto in Vespa e mi sono squarciato la caviglia in Tanzania. O quando ho dovuto spingere la Vespa senza ossigeno a quasi 5000m di altezza sulle montagne del Pamir, in Tagikistan. Oppure quando ho sofferto il caldo del Sahara in Sudan o nella steppa dell’asia centrale. O tutte le sante volte che mi e’ mancato l’affetto della mia ragazza che non vedo da due anni.
Ecco perché dico sempre che ci vuole preparazione mentale per questi viaggi. La preparazione mentale é molto più importante di quella del viaggio stesso o della Vespa. Altrimenti alla prima difficoltà, al primo intoppo si ritorna a casa.


-Di tutti gli incontri fatti qual è stato il più interessante? Come ti vedono le persone che incontri?

Di incontri ne faccio davvero a decine ogni giorno, ed e’ il motivo per cui in fin dei conti sto viaggiando.
Capire quale sia stato il piu interessante non e’ facile. Pero ti assicuro che spesso capita che dove meno te l’aspetti, vieni a contatto con un qualcuno che con qualche battuta ti conferma quanto il senso più elevato del viaggio sia conoscere l’umanità. Sembra una frase fatta, ma é la verità.
Perché se si viaggia solo per vedere posti, allora consiglio di stare comodamente sul divano di casa a vedere un documentario.
Se si viaggia per fare più chilometri possibili nel meno tempo possibile, allora consiglio di mettere la Vespa su un tapis roulant.

Però ora che ci pensò meglio, incontri interessanti ne ho fatti parecchi nella savana, con elefanti, bufali e non solo…ma di questo racconterò meglio in un libro

Come mi vedono le persone che incontro? L’impatto iniziale è generalmente incredulità. Profonda incredulità. Ed io, che ormai un po’ sgamato lo sono, ne approfitto per giocare in contropiede, e cercare di creare un rapporto vero e sincero con sorrisi e contatto fisico. Se viaggiassi con una Toyota Cruiser, probabilmente il più delle volte sarei visto come un turista a cui spillare denaro. Ma con una Vespa è tutto completamente diverso. La Vespa è il miglior biglietto da visita che io possa dare a chi incontro. E lo ripeto, io viaggio per mischiarmi nell’umanità. Ecco perché per me non vi è mezzo migliore che la Vespa. Ecco perché viaggio con una Vespa.

-Cosa ti manca di più dell’Italia? E cosa ti manca in generale?

Il bar sotto casa dove poter fare colazione ogni mattina. Perché intendiamoci, io mi riesco ad adattare a qualunque tipo di clima, situazione, costumi o tradizioni, ma non riuscirò mai ad iniziare la giornata con un pollo fritto o pancetta e uova.
A parte questo, sono sincero caro Fabio, non mi manca tantissimo dell’Italia in questo preciso periodo storico che sta attraversando.
Dall’esterno vedo un paese un po’ imbruttito, pungolato all’esasperazione da un inutile odio per soli fini elettorali. Credo che ci siano stati periodi in cui si è vissuto con più tranquillità e meno energia negativa. Quantomeno, questa è la percezione di chi vede l’Italia dall’esterno.
E comunque, anche le lasagne di mia madre mi mancano abbastanza.

-100.000 km in sella a una Vespa non sono pochi, inevitabile è il paragone con Giorgio Bettinelli. Dopo oltre 20 anni dall’epopea dei suoi viaggi, come è cambiato girare per il mondo?

Senza ritornare indietro nel tempo fino al grande Giorgio, ti assicuro che l’approccio nel viaggio è cambiato parecchio anche solo negli ultimi dieci anni.
Quando ho fatto il periplo dell’America nel 2010, con me avevo un Nokia, un netbook, una piccola macchina digitale.
Mentre oggi una delle mie due valige di pelle è completamente dedicata all’elettronica.
Con me ho due cellulari di ultima generazione, una action camera, una grossa reflex con due obbiettivi, memorie esterne, un laptop, un drone, un gimbal, svariati chili di caricatori.
Sai perché? Perché il mondo oggi viaggia sulla condivisione. E credimi, sono l’ultimo della terra a cui interessano i “like”, però ho sempre aspirato a condividere le mie esperienze nel migliore modo possibile.
Perché se c’è uno scopo per cui io stia viaggiando, è proprio quello di mostrare come il mondo sia migliore di quello che ci raccontano o ci mostrano politicanti o media.
Per venire quindi alla tua domanda, oggi viaggiare è una esperienza condivisa e interconnessa con internet (contrariamente all’epoca “bettinelliana”). Che ci piaccia o meno.
Per questo, per quanto mi riguarda, una delle parti più difficili dei viaggi moderni è non oltrepassare quella flebile linea che separa “la MIA esperienza” da “viaggio per i like”.


-Alla tua partenza avevi stimato di percorrere 150.000 km in tre anni. Sono Passati 2 anni e tre mesi, hai gia’ percorso due terzi di quello che supponevi essere il chilometraggio totale… e devi ancora attraversare tutto il sud-est asiatico, l’Australia, il continente Americano. Quanto pensi di stare ancora lontano dall’Italia?

Credo un paio di anni ancora. Ma lo ripeterò fino all’esasperazione: il piano è non avere piani. È nella natura di questi viaggi. Si parte, si vive, si ritornerà (forse). Bisogna assecondare questi viaggi, lasciarsi trasportare dalle loro correnti emotive e dagli accadimenti che ti regalano.

-Abbiamo visto che sei diventato un ottimo fotografo e un buon reporter. Secondo te il mondo è in via di globalizzazione o vale ancora la pena di scoprirlo e cercare nelle sue pieghe e nei suoi angoli più nascosti?

Lo scopo della mia vita è conoscere il mondo in cui vivo. Quindi, ovvio, bisogna viaggiare per conoscere.
Purtroppo, però, se ci guardiamo in faccia e se dobbiamo essere onesti, ti dico che il periodo migliore per viaggiare su due ruote fu intorno agli anni ‘60, quando iniziavano a diffondersi ad ogni latitudine le prime comodità (telefoni, asfalto, consolati, etc), ma il mondo era ancora tutto da scoprire, ed era variegato in mille differenze tutte da assaporare. Oggi la globalizzazione l’ha reso un po’ più tutto uguale ed appiattito ad uno standard mondiale fatto di vestiti occidentali, di social media, di selfie, di Coca-Cola e hotdog.
Peccato. Ma la prendo come una sfida, dove dovrò essere ancora più bravo e minuzioso per andare a infilarmi negli ultimi pertugi rimasti per lasciarmi affascinare delle genuinità locali.

-Alcuni giorni fa ti ha raggiunto in Iran tua madre, che non vedevi dal giorno della partenza. Cosa hai provato in quel momento?

Mi ha fatto piacere rivederla. E rincontrare una persona che conoscevo a distanza di due anni, mi ha mostrato come il tempo stia passando. Perché sul suo viso, sulla sua pelle ho scorto i segni dell’invecchiamento.
E di conseguenza, se il tempo passa per lei, sta passando anche per me, sebbene non me ne accorga, sebbene allo specchio vedo sempre il solito Ilario.
Ma evidentemente non è così. Mia madre sta invecchiando, quindi anche io con lei.
Quello che voglio semplicemente dire è di non lasciare passare il tempo nell’illusione che si è giovani perché allo specchio non ne cogliamo i segni.
Anno dopo anno sto invecchiando anche io e probabilmente un viaggio così provante dal punto di vista fisico, tra qualche anno non sarò più in grado di farlo.

-Che messaggio vuoi lasciare a un giovane vespista che si affaccia per la prima volta a questo mondo?

Vivere la propria passione per quella che è. Fregarsene dei “like” che hanno il gran rischio di esasperare tutto, passioni incluse. Quindi, giovane vespista, godi e gioisci della Vespa per quello che essa ti trasmette, cerca di saperne cogliere la poesia anche con un viaggio di pochi chilometri, anche con un motore che non supera i 60km/h, anche se non è il modello ricercato dai collezionisti.
Senza condizionamenti esterni, vivila con l’unico obiettivo di ritornare a casa con i denti sporchi di moscerini.

E con questa risposta lasciamo Ilario proseguire nella sua avventura. Magari lo ricontatteremo al traguardo dei 200.000…chissà! Buona strada, amico mio, abbi cura di te.

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